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2008 - Polittico di Ognissanti (1360)

L'eredità aperta

 

La grande mostra agli Uffizi presenta per la prima volta un bilancio critico dell'arte fiorentina dopo Giotto. Immediato il successo di critica e di pubblico anche per il restauro dei dieci pannelli del Polittico di Giovanni da Milano, esposti all'Accademia nella mostra dedicata al pittore lombardo.

 

Non posso fare a meno, in qualità di curatore scientifico, di esprimere grande soddisfazione per il successo immediato incontrato dalla nostra esposizione aperta al pubblico lo scorso 10 giugno. Non sono mancati gli apprezzamenti positivi e convinti di molti autorevoli colleghi; e in genere si riesce a percepire almeno in parte se tali non fossero del tutto! A mia volta mi reputo convinto del fatto che anche una porzione non insignificante del vastissimo pubblico dei 'non addetti ai lavori' che ha visitato la mostra abbia potuto cogliere l'intrinseca bellezza delle opere esposte, e in maniera particolare l'alta, talvolta altissima qualità dell'esecuzione. Un concetto, quest'ultimo, che a nostro parere dovrebbe essere assunto e presentato al cosiddetto pubblico di massa come criterio-base dell'apprezzamento critico, nel quadro dell'auspicata rivalutazione della produzione artistica della civiltà gotica italiana - sostenuta con toni appassionati anche da Mina Gregori nel corso dell'inaugurazione congiunta della mostra degli Uffizi e di quella dedicata a Giovanni da Milano ospitata alla Galleria dell'Accademia -, unito magari all'altro concetto fondamentale dell'integrazione dei diversi generi artistici (pittura, scultura, arti applicate). Un aspetto che non sempre è sottolineato come merita, nell'occasione di queste esposizioni, riguarda la possibilità concreta di sottoporre a preziosi ed opportuni restauri un buon numero di opere fra quelle convocate, grazie alla disponibilità finanziaria offerta dal budget della mostra, che consente di metter mano ad opere sofferenti. Anche in occasione dell'Eredità di Giotto è stato possibile realizzare una serie d'interventi di restauro - tra i quali si ricordano almeno quelli relativi alla formella di Andrea Pisano con Ercole vittorioso su Caco, alla pala di San Giorgio a Ruballa attribuita a Maso di Banco, alla bellissima scultura lignea di scultore marchigiano e la policromia di Allegretto Nuzi, alla scultura in marmo di potente suggestione visiva con l'effige della Beata Umiltà attribuibile ad Andrea di Cione, detto Orcagna -, che rappresenta a nostro modo di vedere uno dei 'risultati' più significativi della mostra sul piano culturale e dell tutela Non meno importante resta il contributo delle sponsorizzazioni, che naturalmente si dispiega anche in queste occasioni. Nessuno meglio di noi agli Uffizi può averlo constatato in questa occasione, dal momento che grazie al finanziamento congiunto dell'Associazione degli Amici degli Uffizi e della consorella americana Friends of the Uffizi Gallery è stato possibile realizzare il restauro dei dieci pannelli appartenenti in origine al Polittico d'Ognissanti di Giovanni da Milano, che certamente sono da ritenere uno dei piatti forti della rassegna monografica dedicata al pittore lombardo presso la Galleria dell'Accademia. Si è trattato di un restauro che certamente non è azzardato definire 'storico', che ha prodotto risultati fuori dall'ordinario sul piano del recupero della superficie pittorica del capolavoro, tali inoltre da consentire numerosi spunti d'indagine sull'arte di questo protagonista di primo piano della pittura italiana del secondo Trecento. E' auspicabile che la messe di dati raccolti nel corso dell'intervento effettuato da Muriel Vervat possa confluire presto in un volume, a conclusione dell'operazione che prevede il ricollocamento del capolavoro in Galleria, con una nuova presentazione più attinente alla situazione originale. Angelo Tartuferi Restaurato nel 1861 da Ulisse Forni, al momento del suo acquisto da parte dello Stato italiano, il Polittico d'Ognissanti di Giovanni da Milano non fu più sottoposto a interventi fino al 1954, quando fu patinato con una stesura di colla e furono aggiunti dei pigmenti bruni e neri. Questa patina artificiale aveva la funzione di dare una tonalità uniforme alla pittura, in modo da attenuare le disomogeneità della vernice. Prima del restauro la superficie pittorica dei pannelli era fortemente offuscata da uno strato compatto di colla pigmentata, di tonalità grigio scuro che ricopriva una vernice fortemente ingiallita, e impediva totalmente la leggibilità dell'opera, oscurando la brillantezza dei colori. Ai giorni nostri, al restauro si affianca ormai, in maniera irrinunciabile, il supporto scientifico degli esami diagnostici, perchè essi rappresentano sempre più chiaramente un rilevante approfondimento dei molteplici aspetti inerenti alla tecnica di esecuzione dell'opera. In questo caso l'esame riflettografico ha evidenziato un disegno monocromo a inchiostro, accuratissimo, che, oltre a tracciare i contorni delle figure, precisa le ombre e i chiaroscuri. I volti e le mani sono segnati da una linea marcata, mentre il disegno delle vesti è accennato con rapidi tratteggi. Si osserva inoltre che i contorni delle parti dipinte a contatto con zone dorate sono incisi nel gesso della preparazione. In questo modo si forniva un riferimento, da un lato al doratore perchè non invadesse gli spazi destinati al colore, dall'altro al pittore per recuperare il disegno nel caso che il doratore avesse comunque ricoperto la traccia a inchiostro. L'indagine fotografica a infrarossi in falso colore ha evidenziato l'abbondante utilizzo dell'azzurro lapislazzuli, sia puro che mescolato con la biacca. Data l'importanza della committenza e della destinazione del polittico, la foglia d'oro non è applicata solo sul fondo ma, con tecniche differenziate, anche in altre zone. Per i manti di santo Stefano e san Gregorio è stato usato il procedimento del 'graffito'. Dopo aver steso sul gesso una foglia d'oro con la tecnica della doratura a guazzo, l'oro viene totalmente coperto con varie mani di colore e a mano libera, aiutandosi con un cartone forato per il motivo decorativo, il pittore ha graffiato la superficie con uno stiletto di legno duro o d'osso, riportando alla luce la foglia metallica solo in corrispondenza del disegno desiderato.

 

Muriel Vervat