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I mai visti VI - Poesia d’interni

Poesia d'interni

 

Il fascino quieto ed elegante delle ambientazioni domestiche è il tema della mostra di natale alle reali poste: non tutti 'mai visti' i dipinti esposti, a riprova del fatto che non sono così numerosi i capolavori conservati nei depositi degli uffizi

 

Quanto s'era, anni fa, preannunciato, ora càpita. 'Pomeriggio a Fiesoleà, quadro di poesia soave eppure di piglio vibrante, torna nella rassegna d'opere che gli Uffizi, insieme ai loro 'Amici', offrono come pensiero natalizio ai fiorentini e ai forestieri in visita. La bella tela di Baccio Maria Bacci mette in crisi la titolazione del ciclo dei 'Mai visti', formula rivelatasi fortunata, ma concepita allorchè ancora non si pensava ne sarebbe sortita una serie. Quando s'intuì che l'iniziativa di fine anno trovava positivo riscontro fra la gente, si reputò fosse necessario, per dar più sapore all'evento, assumere ogni anno un tema su cui far ruotare le opere scelte. E furono i quadri di 'natura morta' (come si dice con infelice binomio). Dove appunto riapparve la tela di Baccio: quei vetri, quelle porcellane, quei frutti, sulla tovaglia bianca, avrebbero potuto far da emblema alla mostra, tanto è icastica e perspicua la loro presenza. Ma già s'avvisava, nelle pagine introduttive, che il quadro si sarebbe prestato a significare tant'altri generi: dalla figura al paesaggio. Non s'ebbe animo d'includerlo nell'antologia d'opere stilata per i 'Mai visti' che proprio all'epifanie di paesi era votata. E non si tornò a esibire; come invece s'era pronosticato. Quest'anno - con la poesia d'interni che fa da cardine alla mostra - il coraggio s'è trovato. E 'Pomeriggio a Fiesole'campeggia al centro della parete dirimpetto all'accesso alle 'Reali poste', spudoratamente offerto al giudizio di chi, riconoscendolo, ironizzerà sul titolo del ciclo; e penserà: 'Già visti'. E però bisogna pur che dica - e lo dico in piena coscienza - che non conosco, nelle raccolte degli Uffizi, un'opera ch'effigi un interno e promani un fascino così domestico, quieto, elegante e al contempo austero, come quello di Baccio (stando naturalmente alle mie personali corde). C'è tuttavia un'altra ragione per questo suo nuovo ritorno. In passato s'è in più d'una circostanza avvertito che nei 'depositi' degli Uffizi - luogo di privilegio, per via di condizioni climatiche ideali e costanti - non ci sono tutti quei capi d'opera di cui si favoleggia. Il numero dei quadri è elevato (circa tremila), ma quelli cui - in virtù di qualità poetiche, di rinomanza o di riguardo storico - può toccare l'onore delle sale di galleria non son poi così numerosi. Il ricorso a testi esibiti in edizioni precedenti si giustifica dunque anche con la volontà di tener fede al sottotitolo dei 'Mai visti'; che recita: 'Capolavori dai depositià. Le stanze, dunque. Tema che s'è scelto anche perchè se ne voleva uno che avesse per noi degli Uffizi anche un valore apotropaico. Che fosse, cioè, di buon auspicio; giacchè finora la parola 'stanze' era più che altro evocativa d'una privazione: le stanze erano - per così dire - l'unica cosa che davvero mancava. Ora, però, le carte coi progetti son passate dagli studi degli architetti ai tavoli dei cantieri. Segno che la fase d'attuazione è principiata. Finalmente par concretarsi ciò che per anni (decenni) è stato soltanto un desiderio. E' un po' come veder seguitare nella vita quanto sia stato sognato di notte. Gli Uffizi stanno davvero per travalicare il crinale che corre fra il passato e il futuro. Le stanze, insomma, non sono più per il museo un'utopia. Nè lo è più la compagine chiamata a predisporne l'allestimento. Ai suoi componenti, freschi di nomina, insieme a un saluto su questo foglio, esprimo gratitudine per aver accettato di redigere in tempi strettissimi il catalogo della mostra, che - secondo l'usato - s'è voluto conciso e snello.

 

Antonio Natali